Crimini - reati violenti, risarcimento alle vittime, Avv Penalista

Avvocato penalista a Roma e Milano per risarcimento alle vittime per crimini - reati violenti, reati sessuali, stupro, pedofilia, pedopornografia, abuso di minori, estradizione. Lo studio legale indirizzato verso il diritto penale ha anche sedi a Napoli Torino Bologna Firenze Palermo, la difesa penale del detenuto è a 360°.

Avvocato penalista a Roma e Milano per risarcimento alle vittime per crimini

La personalità violenta è sicuramente una di quelle che più si scostano dal significato comune dell’aggettivo utilizzato per definirla nel benessere. A dire il vero, il benessere non fa che utilizzare il significato corretto del termine “violenza”: un uso eticamente non accettabile della forza. Il vero problema è che, nell’accezione comune, il termine “violenza” è associato al concetto di criminalità: il violento è colui che in qualche modo infrange una legge o un diritto usando in modo sconsiderato la sua forza.

Se si rilegge l’ultima frase si scopre facilmente perché violenza nel senso comune e violenza per il benessere possono differire: il senso comune è una versione “ristretta” del significato perché la qualità della vita non può riferirsi alla sola legge che è una condizione minimale, non certo ottimale.
La tutela legale indennitaria delle vittime di reati intenzionali violenti (omicidi e lesioni personali “comuni”, violenze sessuali) non ha mai costituito una priorità per nessun governo.


La Convenzione europea del 1983, intervenuta per prima a tutelare le vittime laddove non risarcite dai rei, non fu ratificata dall’Italia e non lo è ancora oggi.


Quali sono alcune decisioni del governo prese nel corso degli anni?
Nel 2002 la Commissione Europea, attivatasi per rafforzare la tutela delle vittime, tenne le audizioni finali sul Libro Verde Risarcimento alle vittime di reati. Per l’Italia La direttiva 2004/80/CE sancì poi per ogni Stato il dovere di garantire un “indennizzo equo ed adeguato” alle vittime di reati intenzionali violenti occorsi sul suo territorio, quando impossibilitate ad ottenere un risarcimento in quanto privo di risorse economiche od ignoto.


La direttiva fissò due termini: entro il 1° luglio 2005 l’Italia avrebbe dovuto attuare il suo “sistema di indennizzo nazionale” per tutte le vittime di crimini occorsi sul suo territorio (sia quelle residenti che quelle in transito); entro il 1° gennaio 2006 avrebbe dovuto approvare le procedure per facilitare le vittime straniere nell’accesso a tale sistema. L’Italia non rispettò tali termini.


Nel 2007 la Corte di Giustizia emise una prima condanna, ma i governi successivi continuarono a non apprestare il sistema di indennizzo nazionale.
Le vittime iniziarono a fare causa alla Presidenza del Consiglio dei ministri in base al principio per cui i cittadini hanno diritto ad agire contro il proprio Stato che non attua le disposizioni comunitarie.


Nel 2011 la Commissione Ue,  dinanzi alle denunce di vittime lasciate senza un indennizzo “in situazioni nazionali o transfrontaliere”, avviò una nuova procedura di infrazione contro l’Italia.


Nel 2014, insoddisfatta dalle nostre risposte, la stessa avviò il deferimento alla Corte di Giustizia, ribadendo che “l’indennizzo dovrebbe essere possibile tanto nelle situazioni nazionali quanto in quelle transfrontaliere”.


L’Italia sostenne che la direttiva non l’avrebbe obbligata a garantire indennizzi per tutti i reati dolosi violenti e non sarebbe valsa per i suoi cittadini, discriminabili in peius rispetto agli stranieri in transito nel nostro Paese. In pratica l’Italia tentò di sottrarsi alla condanna con una tesi assurda: la direttiva non avrebbe protetto le persone lese nel proprio Stato di residenza. Lo studio penale a Roma e Milano si è specializzato principalmento nel risarcimento alle vittime per crimini - reati violenti, reati sessuali, stupro, pedofilia, pedopornografia, abuso di minori, estradizione.


Nel luglio 2016 il Parlamento, per scongiurare la condanna della Corte, licenziò la legge n. 122, che dichiarava di introdurre la tutela prevista dalla direttiva. Ad eccezione del pagamento del risarcimento, la legge prevede molestie; soprattutto rimandato la determinazione delle riparazioni per un decreto emanato entro sei mesi.

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Dinanzi a queste dichiarazioni ci si sarebbe aspettati un’emanazione tempestiva del decreto, invece firmato soltanto il 31 agosto 2017, poi pubblicato il 10 ottobre.


Queste leggi compensano il dolore delle vittime?
I soldi non restituiscono le persone, la salute o la dignità. Però il legislatore Ue ha imposto di riconoscere indennizzi “equi ed adeguati”. Equità ed adeguatezza sono concetti relativi da confrontarsi con gli standard risarcitori e indennitari esistenti. Anche a non considerare i livelli dei risarcimenti (incommensurabilmente superiori) emergono impressionanti differenze con altri indennizzi: ai famigliari della vittima di terrorismo o della criminalità organizzata è data la somma di euro 200.000,00; agli eredi delle vittime del disastro (colposo!) del Cermis del 1998 fu riconosciuto l’importo di euro 1.960.000,00 per persona deceduta.


Peraltro, l’assenza di tutela delle vittime di lesioni personali (salvo il limitato rimborso delle spese mediche) stride con la legge n. 117/2014 che appresta rimedi risarcitori per i detenuti con stanziamenti maggiori a quelli previsti per le vittime. Il carcerato costretto in una cella angusta può aspirare ad un risarcimento che non è garantito alla sua vittima, magari relegata a letto per il resto della sua vita. La tutela del primo è sacrosanta; ma dovrebbe risultare tale anche quella della vittima e dei suoi famigliari.