Studio legale (Roma Milano) Mandato di arresto europeo ed estradizione, avvocato penalista internazionale
Con la legge 22 aprile 2005 numero 69, al mandato di arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, l'Italia ha conformato il diritto interno alla decisione emessa dal Consiglio Ue disciplinando il mandato di arresto europeo, consistente in una decisione giudiziaria resa da uno Stato appartenente all'Unione Europea (Stato membro di emissione), in virtù dell''arresto e della consegna, da parte di altro Stato membro (Stato membro di esecuzione), di una persona affinché possa essere esercitata l'azione penale ovvero sia data esecuzione ad una pena o ad altra misura atta a privarne la libertà personale.
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Affinché possa essere espletato il mandato è necessaria la presenza dei seguenti requisiti:
1) sottoscrizione da parte dell'organo giudicante;
2) motivazione del provvedimento;
3) irrevocabilità del provvedimento e quindi giudicato penale nel caso si tratti di sentenza;
4) conformità ai principi supremi della Carta Costituzionale anche alla luce del diritto alla libertà e giusto processo.
Con la legge n. 69/2005 si è andata a sostituire l'antecedente disposizione sulla estradizione nei rapporti tra gli Stati membri dell'Unione Europea introducendo una nuova disciplina sulla consegna nelle relazioni tra autorità giudiziarie relativamente a soggetti colpiti da sentenze passate in giudicato ovvero nei confronti dei quali è stata applicata una misura cautelare, al fine di renderne più semplice la consegna.
E' lecito affermare, però, che per i reati commessi anteriormente all'entrata in vigore della citata legge (quindi per quei reati commessi sino al 7 agosto 2002), continueranno ad essere applicate le precedenti convenzioni.
Il mandato di arresto europeo, previsto dalla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio del 13 giugno 2002, costituisce la prima concretizzazione nel settore del diritto penale del principio di mutuo riconoscimento (confiance mutuelle).
Definitivamente approvata dalla Camera dei deputati il 12 aprile 2005 la legge sul mandato di arresto europeo e sulle procedure di consegna tra Stati membri, che attua le disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio. Il provvedimento si applica nel rispetto dei principi supremi dell’ordinamento costituzionale in tema di diritti fondamentali, di libertà e del giusto processo.
Il mandato d’arresto europeo viene definito come "una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro dell’Unione europea, in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro, di una persona, al fine dell’esercizio di azioni giudiziarie in materia penale o dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privativa della libertà personale".
La competenza a dare esecuzione a un mandato d’arresto europeo appartiene, nell’ordine, alla Corte di appello nel cui distretto l’imputato o il condannato ha la residenza, la dimora o il domicilio nel momento in cui il provvedimento è ricevuto dall’autorità giudiziaria.
Alla Corte di appello è demandato il compito di accertare se il reato per il quale sia stata richiesta la consegna rientri nella lista di cui all’art. 8, nonché la sussistenza dei limiti edittali previsti dalla medesima fattispecie; anche nel caso in cui tale verifica dia esito positivo, è comunque prevista la possibilità di rifiuto nel caso in cui venga richiesta la consegna di un cittadino italiano per un fatto non previsto come reato dalla legge italiana e risulti che lo stesso non era a conoscenza, senza propria colpa, della norma penale dello Stato membro di emissione in base alla quale è stato emesso il mandato di arresto europeo (art. 8, 3° co.).
Mandato di arresto europeo: quando il processo italiano blocca la consegna
Il mandato d'arresto europeo non può essere eseguito quando nei confronti della persona ricercata dall’autorità giudiziaria estera sia in corso un procedimento penale in Italia per lo stesso fatto.
In particolare, nella decisione in esame, la Corte di Cassazione assume che, risultando probabile che i fatti posti a base del MAE siano stati commessi parzialmente in Italia, ove, comunque, risulta già azionato il relativo procedimento penale, vi sarebbe stata erronea applicazione dell’art. 24, L. 69/2005 da parte della Corte di Appello; a mente di tale norma, infatti, sarebbe stato necessario valutare l’opportunità di disporre il rinvio della consegna al fine di consentire all’autorità giudiziaria italiana di sottoporre il condannato al procedimento penale già pendente.
In generale, infatti, le ipotesi legislative in cui è possibile opporre il rifiuto alla consegna sono quelle previste dall’art. 18, L. 69/2005; e, nel caso specifico, la Cassazione ritiene necessario valutare la possibile ricorrenza di uno dei seguenti casi elencati nel suindicato articolo: lett.o) se, per lo stesso fatto che è alla base del mandato d'arresto europeo, nei confronti della persona ricercata, è in corso un procedimento penale in Italia, esclusa l'ipotesi in cui il mandato d'arresto europeo concerna l'esecuzione di una sentenza definitiva di condanna emessa in uno Stato membro dell'Unione europea; lett. p ) se il mandato d'arresto europeo riguarda reati che dalla legge italiana sono considerati commessi in tutto o in parte nel suo territorio, o in luogo assimilato al suo territorio; ovvero reati che sono stati commessi al di fuori del territorio dello Stato membro di emissione, se la legge italiana non consente l'azione penale per gli stessi reati commessi al di fuori del suo territorio.